Le azioni dell’artista da un lato e le operazioni di distacco di De Luca dall’altro, sono state dimostrazioni precoci del cambiamento a cui il fenomeno era soggetto nei primi anni Duemila, attestando così un nuovo ingresso delle opere e poi degli artisti nel mercato dell’arte contemporanea e alimentando il dibattito ancora aperto sulla non-musealizzazione delle opere di arte urbana.
Una riflessione sui confini del writing è contenuta all’interno del catalogo con un contributo di Luca Borriello, direttore ricerca INWARD, intitolato Uocchie chine e mane avvacante. Come [non] catturare le immagini:
“È risaputo che il taglio della stampa recida parti della foto che, suggerendo tutt’intorno luce solare e aria e distraendo l’occhio dal soggetto, indeboliscono il messaggio della composizione che va invece rafforzato. La migliore cornice per un pezzo di writing, all’inverso, godendo e soffrendo quest’ultimo, per sua nascita specifica, di streetness (senso della strada) si realizza tenendo in foto la distensione spaziale utile di scenario urbano. Trecentosessanta gradi di un oggetto-evento: fotogenico se, per procurarsi autosufficienza, anziché isolarsi da cosiddette influenze esterne per interposte cornici, accoglie invece queste ultime come strutture imprescindibili, come pesante materia della città.
Non si tratta solamente della cornice che percorre i limiti di un quadro, così abilmente esercitando i propri poteri delimitativi; si tratta quindi di un’immensa struttura aperta incorniciante l’esperienza stessa della creazione-fruizione nel postmoderno.
Eccezioni e derivazioni sperimentali a parte, il writing non ha mai ragionato al chiuso, che si trattasse della cornice istituzionale di un edificio di raccolta o della vera limitazione a incastri verticali e orizzontali determinante lo standard del formato pittorico, invece appendendo agli aggetti invisibili della metropoli collezioni autocelebrative di miriadi d’identità. Nella pletora saggistica, si parla frequentemente di tali sconfinamenti assoluti, e si dice che l’oltrepassamento dell’opera e l’uscita dalla cornice siano a un tempo la dissoluzione dell’evento nella vita e la disseminazione nei suoi labirinti. L’apertura dell’opera è, perciò, la sua stessa sparizione, con la quale spariscono naturalmente anche l’artista ed il suo pubblico. E con i suoi artisti irrintracciabili ed un pubblico a sorpresa, si ha la sensazione che il writing, venuto meno il limite della cornice, produca, nel mezzo della città e dei suoi intricati camminamenti, non isole estetiche ma eventi di scorrimento. Opera d’arte totale, sui confini di cornici che non ha mai conosciuto”.